Introduzione
L'attuale scenario di rivalutazione dei prodotti vegetali, ritenuti in passato d’interesse secondario da parte delle società più avanzate, conduce alla riscoperta e alla possibile diffusione di alcune specie vegetali, come nel caso della Armoracia rusticana (Gaertner, Meyer et Scherb.), ancora oggi relegata alla coltivazione familiare di tipo ortivo in regioni dove la tradizione alimentare ne faceva più o meno largo uso già nel passato, come in alcune regioni dell’Europa Centrale ed Orientale e, in Italia, nella regione del Trentino-Alto Adige ed in alcune plaghe dell'Italia Meridionale.
Le caratteristiche che rendono interessante l'uso della radice carnosa di questa pianta, per insaporire diversi tipi di cibo, sono rappresentate da un sapore pungente dovuto ad un olio essenziale, che è parte integrante delle sostanze contenute in questo alimento ed ha un forte odore ed un sapore assai piccante, paragonabile a quello della senape e/o del peperoncino; anche se si distacca completamente da queste ultime per le sue peculiarità organolettiche.
Il sapore piccante di questa radice è particolarmente apprezzato nell'Europa Centro-Settentrionale e, in Italia, nelle regioni del Triveneto, dove salse a base di rafano accompagnano magistralmente bolliti e piatti tipici stimolando la digestione ed esercitando una funzione protettiva dell'intestino. Per questi motivi l'impiego della radice di rafano rusticano, barbaforte o cren, merita di essere riscoperto e rivalutato ovunque per le sue ottime proprietà.
Proprietà del Cren
Al rafano rusticano la tradizione popolare riconosce numerose doti per le sue decantate molteplici proprietà antianemiche, anticatarrali, antilinfatiche, antireumatiche, antiscorbutiche, bechiche, calmanti, depurative, digestive, diuretiche, espettoranti, eupeptiche, revulsive, rubefacenti, scialagoghe, stimolanti, stomachiche e tra le altre anche proprietà afrodisiache. Nell'antichità a quest ultima virtù è stata attribuita un'importanza considerevole, tanto che Ovidio, per ottenere filtri erotici vegetali, consigliava tra gli altri l'uso del rafano. Nel "kamasutra", libro erotico di fama mondiale, il rafano è consigliato in una ricetta afrodisiaca insieme al miele ed al latte (Kordel 1974). Oggi l'apprezzamento per questa particolarità è molto sminuito, poiché gli stimoli provenienti dal mondo esterno ed il possibile impiego di prodotti di sintesi, risultano sicuramente più efficaci di quelli attribuibili al possibile consumo del rafano a cui, tuttavia, deve essere riconosciuto il vantaggio di essere un prodotto naturale ricco di virtù salutari rivalutate in ogni tempo.
Molti aspetti concernenti l'uso del rafano rusticano saranno illustrati in questo articolo, nella speranza di fare un'utile divulgazione di una specie vegetale che, per le sue interessanti caratteristiche, merita di essere rivalutata e diffusa sia come aromatizzante, per la preparazione di salse e condimenti in cucina, che per la preparazione galenica di differenti prodotti fitoterapici.
Cos'è il Rafano Rusticano?
È a tutti noto che nella classificazione botanica delle Cruciferae (più di 2500 specie) ci sono state in passato (e sussistono tuttora) notevoli difficoltà ed ambiguità. In maggior misura una vasta polinomia si riscontra nei nomi volgari e di fantasia che queste specie assumono nei diversi dialetti regionali per cui, anche nella bibliografia di varia natura che riguarda alcune delle specie che hanno caratteristiche interessanti per l'arte culinaria e in fitoterapia, si ritrovano spesso differenti nomi che potrebbero ingenerare qualche errore e perplessità.
La pianta di cui ci occupiamo appartiene botanicamente all'ordine delle Rhoeadales, famiglia delle crucifere. Essa ha, come vedremo, caratteristiche botaniche ben definite ed assai diverse da altre Cruciferae, per questo è stata classificata nel tempo, da diversi Autori (Pignatti,1982, Tutin et al. 1993) con differenti nomi latini:
- Armoracia rusticana P. Gaertner, B. Meyer et Scherb.
- Armoracia lapathifolia Gilib.
- Cochlearia armoracia L.
- Nasturtium armoracia (L.) Fries
- Radicala armoracia (L.) B.L. Robinson
- Rorippa armoracia (L.) A.S. Hitchc.
Tutti questi nomi sono sinonimi della stessa pianta di cui vedremo in seguito più compiutamente le caratteristiche botaniche peculiari [...].
Ancora più complessa appare la galassia dei nomi volgari con cui si designa, particolarmente in Italia, questa specie la cui polinomia è dovuta anche alla differenziazione dialettale sul territorio italiano. Nell'Italia centrale viene assai spesso denominata Barbaforte, Radicofica, Pizzicalingua, Armoraccia, in Liguria Armuassa, Ravanasso, in Piemonte Mostarda dei Capussin o Ravanet, in Lombardia Creen, Cren o Kren, denominazione usata anche in Trentino-Alto Adige, con riferimento particolare alla radice che è la parte usata per differenti scopi alimentari e fitoterapici. In Sicilia la pianta è denominata Rafanu rusticanu oppure orientali, mentre nell'Italia meridionale è di solito indicata semplicemente come Rafano. Nella letteratura consultata, la denominazione volgare più comune è costituta da cren o dalla semplice denominazione di Rafano o Rafano rusticano o Rafano tedesco, anche se i differenti nomi latini non indicano mai la specie con il nome Raphanus con cui comunemente si designano il Ramolaccio e il Ravanello.
Come nome volgare generalizzato per tutto il territorio italiano tuttavia, possiamo fare riferimento a quanto riportato da Avocatino e Cretti (1981): "il rafano o rafano rusticano, detto anche cren o barbaforte, non va confuso con il ramolaccio o ravano (Raphanus sativus) che appartiene alla stessa famiglia delle Cruciferae ed è più propriamente un ortaggio a radici carnose, tondeggianti, oblunghe e di sapore gradevolmente aromatico, mentre il rafano rusticano ha delle grosse radici irregolarmente cilindriche e di sapore fortemente piccante, che si utilizzano come aromatizzanti in cucina oppure a scopo curativo" [...].
Il Cren o Rafano Rusticano nella Storia e nella Tradizione
In passato era conosciuto come "rafano o senape dei monaci" perché spesso veniva sostituito ai semi della Sinapsis alba (senape bianca), ingrediente base della senape e della mostarda.
È ora lecito chiedersi come mai questa radice, dal sapore non gradevole e dall'odore acre abbia conservato nei secoli tanta popolarità presso i buongustai di mezza Europa. La ragione di questo successo gastronomico dipende dalle sue proprietà e dai principi attivi contenuti nella radice che, pare, fossero già conosciuti dai Greci intorno al 1000 a.C. e in Gran Bretagna, assai prima che i Romani giungessero in quelle isole.
Con il cren o rafano rusticano è possibile preparare insalate e condire minestroni; può essere grattato e, mescolato con aceto, sale, maionese o altri condimenti nelle proporzioni desiderate ed essere usato per preparare salse da servire con il bollito o con altre pietanze.
Internamente la radice ha colore biancastro ed ha un odore debole, ma se si schiaccia, si taglia o si grattugia si libera un'essenza piccantissima (solfocianato di butile) che può provocare irritazioni alle mucose e una forte lacrimazione e per questo motivo, soprattutto quando si grattugia, bisogna usare opportune precauzioni.
Nel Medioevo, la barbaforte era un ingrediente comune nelle farmacie dei conventi, dove frati erboristi preparavano con essa medicamenti di ogni tipo, forse anche perché il suo sapore e l'aroma piccante davano a qualsiasi pozione preparata una forza che poteva sottintendere qualcosa di magico, se non addirittura di diabolico (Magrini, 1988) [...].
Nella consuetudine popolare, questa radice, oltre ad essere usata nella medicina erboristica a scopo curativo, è entrata nella tradizione gastronomica della cosiddetta cucina povera, ossia quella cucina rappresentata dai piatti tipici regionali, che costituisce una delle basi della salutare dieta mediterranea.
Nel lessico popolare toscano, si usava anche dire "e son ne' rafani!" a significare di trovarsi nei guai; come dire sono tra le fiamme con riferimento al sapore piccante ed al potere irritante degli oli essenziali contenuti nella radice del rafano rusticano [...].
Nell'uso interno, il cren trova impiego come espettorante, nelle affezioni dell'apparato respiratorio (polmoniti, bronchiti).
Come abbiamo accennato è una pianta coltivata a scopo commestibile, molto usata nell'Italia settentrionale (Triveneto) e anche meridionale (Basilicata, Puglia, Campania,ecc.). Il valore energetico del rafano rusticano è sostenuto dal fatto che i contadini, consumandone in abbondanza, riuscissero a portare a termine la loro lunga giornata di lavoro.
Pare che gli schiavi, che nel 2600 a.C. costruivano la piramide di Cheope, si rifocillassero con il rafano dopo l'estenuante lavoro.
Il cren dovrebbe essere usato preferibilmente allo stato fresco, perché essiccato perde parte delle sue proprietà, specialmente la sua supposta azione antibiotica.
Composizione Chimico-Bromatoligica delle Radici
Le radici del Rafano rusticano contengono un 20-30 % di sostanza secca con una elevata percentuale di glucidi (saccarosio, fruttosio, ecc.), pectina, emicellulosa, cellulosa e lignina, carboidrati che conferiscono alla radice un notevole valore energetico (55-60 cal/100 g). Numerosi sono anche gli enzimi (amilasi, invertasi, perossidasi, lipasi, proteasi, ecc.) tra i quali particolarmente importante è la mirosinasi responsabile della scissione, in presenza di acqua, del glucoside solforato sinigrina (C10 H18 O9 NS2 K), contenuta nella quantità del 0,32 % nella radice, con produzione di isosolfocianato di allile (C4 H4 NS) composto che conferisce alle radici di rafano rusticano le loro peculiari caratteristiche organolettiche, e di D-glucosio e bisolfato di potassio.
È elevato anche il contenuto vitaminico particolarmente le vitamine B1 (502,4 Υ%) e C (0,663%). Per quanto concerne la composizione delle ceneri (1,5%), è notevole il contenuto di elementi minerali quali zolfo, potassio, fosforo, ferro, sodio, silicio e cloro. Contiene numerosi amminoacidi, quali glutammina, arginina, galattosio, ed anche pectine, zuccheri, acido ascorbico, acidi ossalico e glicolico.
Il componente di gran lunga più importante è il glucoside solforato sinigna (riscontrabile anche nella senape), che contiene lo 0,6% di isosolfocianato di allile libero, composto volatile principale che conferisce il sapore e l'odore pungente alla radice del rafano rusticano. Oltre al solfocianato di allile, comunque, si riscontrano nell'olio essenziale delle radici di rafano (0,146-0,216%) altri prodotti volatili come l'isosolfocianato di feniletile (C9 H9 NS) che rappresenta un quarto o un quinto dell'olio essenziale di rafano, l'isosolfocianato di fenilpropile (C10 H11 NS), il solfuro di diallile, il solfocianato di butile (C5 H9 NS ).
Sono questi componenti, derivati dalla scissione enzimatica della sinigrina, che conferiscono sapore e odore piccante alle radici del rafano rusticano nonché le sue peculiari caratteristiche medicinali.
La coltivazione del Cren
Coltivare il cren è facilissimo. Basta avere un terreno fertile e friabile nella consistenza, individuare un punto fresco o semi-ombreggiato e armarsi di buona volontà!
Il periodo migliore per la semina è la primavera, o meglio, il periodo in cui non si verifica più la caduta di gelo e brina.
Le piantine vanno distanziate di circa 30 cm per evitare che le loro radici si intreccino una volta cresciute. Se si dispongono più file nel terreno, allora è consigliabile distanziare ogni fila di 50 cm l’una dall’altra.
(Sul nostro sito troverai i semi di rafano nero tondo d’inverno che potranno esserti utili per la semina).
Il compost è perfetto per concimare questa pianta e rinvigorirla, ma la cosa più importante è innaffiarla con frequenza.
Sebbene già in estate siano visibili i primi fiori bianchi, è l’autunno il momento migliore per raccogliere il rafano rusticano.
In effetti i contadini più bravi ed esperti aspettano sempre un paio di anni prima di procedere con la raccolta, in modo da avere piante con radici larghe intorno ai 15/20 cm. In questi casi, dunque, consigliamo di riparare le piante nel periodo in cui cominciano ad esserci temperature più rigide e si verificano le gelate.
Proprietà ed uso medicinale del Rafano Rusticano
Uso delle foglie
Le foglie appena raccolte (100 g) possono contenere circa 200 mg di vitamina C; contenuto percentuale molto alto se si pensa che la stessa quantità di prodotto edibile di arancia o di limone ne contiene rispettivamente 50 e 70 mg e 100 g di kiwi ne contiene circa 90 mg.
Per questa spiccata peculiarità la pianta, oltre ad essere indicata con diversi nomi volgari, ha meritato anche quello di "erba da scorbuto". Infatti, un tempo, fu utilizzata soprattutto per combattere la presenza in molti individui di tale malattia causata da carenza di vitamina C (Pigozzi, 2001). Sono presenti inoltre flavonoli (quercetina, kaempferolo, ecc.) ai quali sono attribuite proprietà antiossidanti ed antitumorali.
Le foglie, inoltre, presentano anche un'ottima azione diuretica, disintossicante e depurativa del sangue. Tagliuzzate ed aggiunte, di tanto in tanto, al cibo dei cani, agiscono da ricostituente e vermifugo. Le foglie bollite danno origine ad una tintura di colore giallo intenso, usata per colorazioni naturali di tessuti ed oggetti.
Uso interno
- Bronchiti e altre affezioni respiratorie
Ingerire durante la giornata, preferibilmente lontano dai pasti, 2-3 tazze da tè di decotto di radice addolcito con miele a seconda dei gusti.
Per la tosse è molto efficace anche lo sciroppo assumendone 3-4 cucchiai al giorno, oppure 5-6 gocce di tintura in mezzo bicchiere da mescita di acqua tiepida 2 volte al giorno.
Uno sciroppo semplice e gradevole, di preparazione casalinga è il seguente:
Lavare accuratamente 200 grammi di radice, asciugare e tagliare a fettine sottili, disporre a strati in un grosso colino oppure dentro uno scolapasta cospargendole con zucchero di canna (500 g). Porre il tutto sopra un recipiente per raccogliere lo sciroppo che colerà per qualche giorno. Lo sciroppo, versato in un contenitore di vetro, può essere conservato in frigorifero per circa una settimana.
In caso di raffreddore, tosse e bronchiti, assumerne 2-3 cucchiai da minestra al giorno, possibilmente a stomaco pieno.
Inoltre, le cavità nasali chiuse possono essere liberate inspirando 1 al massimo 2 volte la radice fresca.
- Inappetenza, cattiva digestione, ritenzione di liquidi
Due cucchiai da minestra di decotto di radice dopo i pasti principali, oppure 12 gocce di tintura in circa mezzo bicchiere da mescita di acqua tiepida, addolcito con 1 cucchiaino da caffè di zucchero.
- Cura dell'idropisia e come digestivo
Mettere in un recipiente 70 g di radice di rafano e 10 g di semi di senape macinati.
Versare sopra 3 bicchieri da mescita di acqua bollente; lasciare riposare per circa 1 ora e filtrare. Assumerne 3 cucchiai da minestra durante la giornata.
- Contro l'anemia
Due cucchiai da minestra di radici fresche tritate in 3 bicchieri da mescita di acqua fredda. Lasciare bollire per circa 10 minuti. Dopo raffreddato filtrare e bere 2-3 tazzine da caffé durante la giornata dopo i pasti.
- Scorbuto
Tagliuzzare le foglie fresche e tenere. Condire con un filo di olio extravergine di oliva, aggiungere appena un pizzichino di sale e quantità di limone (buccia) secondo gusti.
Consumare 2 volte al giorno prima dei pasti principali.
Oppure efficace è anche aggiungere, al succo ottenuto da 50 grammi di radice fresca, del succo di limone diluito con un po' di acqua. Filtrare il preparato con un colino a maglie strette e bere, al massimo 2 volte al giorno in un bicchierino da liquore.
- Gengive infiammate
Due cucchiai da minestra di radice di rafano tritato (20-25 g) in 1,5-2 litri di acqua fredda. Lasciate bollire per 10-15 minuti, raffreddare e filtrare.
Fare 3-4 sciacqui durante la giornata.
Uso esterno
- Reumatismi, artriti, sciatica, contusioni, muscoli induriti, geloni
Applicare la polpa fresca sulla parte interessata interponendo una garza umidificata con acqua tiepida. Lasciare per un tempo massimo di 10-15 minuti. Levare il cataplasma e risciacquare con acqua tiepida.
Oppure:
diluire 25 gocce di tintura o 10 gocce di olio essenziale in 200 mi di acqua, applicare e frizionare leggermente la zona interessata.
- Lentiggini
Miscelare bene un cucchiaino da dessert di aceto di vino bianco e poche gocce di succo ricavato da radice fresca; lasciare a riposo per circa 10 minuti. Applicare sulla pelle per un tempo pari a 7-8 minuti; infine sciacquare bene con abbondante acqua fredda.
Se malgrado questi consigli, non si ottenessero benefici, si consiglia di consultare uno specialista.
Come conservare il Cren
Dato che del rafano si utilizza principalmente la radice, a volte è necessario conservarla dopo la raccolta, poiché richiede una certa pulizia e lavorazione che non sempre si ha la possibilità di mettere in pratica al momento.
Metodi di conservazione:
- Una volta pulite con accuratezza, potete riporre le radici di cren in un panno lievemente umido e lasciarle in frigo per 4 o 5 giorni, prima di utilizzarle in cucina.
- Chi invece ha la possibilità può utilizzare sabbia o paglia per conservarle in altra maniera: posizionando i fittoni in un contenitore asciutto si devono creare degli strati intervallati con sabbia o paglia, in modo da evitare che le radici si possano toccare tra loro. Ciò è utile principalmente per fare in modo che in presenza di pezzi marci non si vadano a contaminare anche le radici buone. Solitamente il contenitore in cui si collocano i vari strati di radici non va coperto, per permettere l’aerazione; inoltre deve essere conservato al fresco (mai al di sotto di 6°) in cantina o in altro luogo asciutto.
- Altrettanto efficace è anche il congelamento: una volta pulite scrupolosamente, le radici possono essere congelate in appositi sacchetti e scongelate al momento dell’utilizzo.
Il metodo della disidratazione, infine, è molto facile da applicare, ma riduce notevolmente le proprietà del rafano. In ogni caso, se volete sperimentare questa tecnica, basta lavare per bene le radici ed asciugarle, lasciarle al sole per qualche giorno e conservarle in un barattolo di vetro ben chiuso. Nel giro di qualche settimana vi consigliamo di consumarle, per evitare che si possa alterare la loro freschezza
Salsa wasabi con il il Cren
La salsa wasabi, particolarmente usata nella cucina nipponica, viene realizzata con la Wasabia japonica, anche conosciuta come ravanello giapponese. Poiché il wasabi originale è molto piccante, in Italia abitualmente si utilizza il cren al posto del ravanello giapponese, che risulta un po’ più delicato e leggermente meno piccante dell’altro.
Come realizzare una salsa wasabi con il Cren?
È facilissimo, ecco gli step da seguire.
- Lavare bene e mondare la radice di cren;
- sminuzzare con l’aiuto di un mixer;
- aggiungere del pane sbriciolato o pangrattato al composto insieme ad un pizzico di sale e un cucchiaino di zucchero di canna;
- mettere tutto in un barattolo di vetro e coprire di aceto fino al colmo;
- tappare e conservare in frigo.
Si consiglia di aspettare qualche giorno prima di consumare la salsa al cren, in modo da lasciare che tutto si assesti ed insaporisca al meglio.
Controindicazioni
Applicato esternamente, il cren è revulsivo; pertanto tale uso va fatto con prudenza, in quanto non sono rari fenomeni irritativi o, addirittura, la formazione di vesciche se assunto in dosi eccessive.
L'uso di questa spezia è inoltre da evitare per chi soffre di disturbi cronici allo stomaco (ulcere, gastriti, ecc.), all'intestino, alla tiroide; devono evitarlo anche le persone generalmente nervose, le donne (durante la gravidanza e l'allattamento) per non rischiare di trasferire odori e sapori sgradevoli al latte.
Nonostante stimoli la bile, il cren potrebbe non essere adatto per chi soffre di bruciori di stomaco. In questi casi è meglio consultare il proprio medico e provare a capire quali possono essere le reazioni dell’organismo conseguenti alla sua assunzione.
Infine l’uso del cren è sconsigliato per soggetti con ipotiroidismo.
Tratto da "Il Cren, Rafano Rusticano o Barbaforte - Usi erboristici e ricette in cucina" di Felice La Rocca e Giancarlo Chisci. Libreria Editrice Fiorentina.