Riso Basmati: fragranza d’ India

È un autentico o un’imitazione? Al presunto riso Basmati, l’esperto o l’appassionato si approccia con lo stesso dubbio con cui un critico si avvicina all’opera di un celebre artista. Sempre presunta, ovviamente.

Perché Basmati (storica varietà indiana coltivata anche in Pakistan), significa pregio ed eccellenza.

Questo prodotto, nella miriade delle varietà esistenti, si eleva per due caratteristiche che gli appartengono e lo distinguono. La considerazione di queste due virtù è il criterio con cui riconoscere il vero riso Basmati e non farsi ingannare da plagi più o meno convincenti.

È un autentico o un’imitazione?

La prima prova con cui misurare l’originalità del Basmati è olfattiva.

Questa varietà, sia che si tratti di riso crudo o di riso cotto, sprigiona un profumo intenso. È Basmati se quella nota aromatica dal sentore di legno di sandalo si impone su tutto il resto, mettendo a tacere gli altri odori. Ma questo non è ancora sufficiente per non incorrere nell’errore di chiamare Basmati ciò che Basmati non è.

Un profumo deciso non è prerogativa di un unico riso.

Occorre una seconda prova per scacciare ogni ulteriore perplessità. In questa caso si tratta di una prova visiva.

Durante la cottura il vero riso Basmati subisce un processo di trasformazione: il celebre chicco dalla forma di spada non rimane immutato, ma cresce e si allunga. Un piccolo miracolo per questo alimento, fragranza ed orgoglio di tutta l’India.

Prova olfattiva e prova visiva. Potrà bastare?

Origine e proprietà del riso Basmati

Il riso Basmati è una varietà indiana a grana lunga, le sue origini sono antiche e si perdono nel tempo. È coltivato, da oltre 3000 anni, nel Punjab, la terra dei cinque fiumi, una vasta pianura alluvionale posta a cavallo della frontiera tra India e Pakistan.

Il suo nome deriva dal sanscrito Vasaymayup, dove “vasay” significa aroma e “mayup” intriso o presente dall’inizio. Nelle lingue pracrite divenne vasumati e in hindi basamati e, cioè, ricco di aroma innato.

Oltre che in India, viene coltivato anche in Pakistan, ma le sue varietà più pregiate sono quelle prodotte in territorio indiano, ai piedi delle colline dell’Himalaya. Una di queste è il tradizionale Basmati di Dehradun, coltivato da secoli in una zona pianeggiante che non supera i 700 metri di altitudine.

Le fasi di semina, trapianto e raccolta di questo tradizionale Basmati sono realizzate con metodi e attrezzi tradizionali. L’uso dei pesticidi non è assolutamente contemplato. I contadini del luogo, per tenere lontani dalla risaia gli insetti, ricorrono soltanto a vegetali e sostanze naturali come la cenere e l’urina di vacca. Celebre in tutto il mondo, il riso Basmati, deve il suo successo e la sua fortuna al sapore inconfondibile, deciso e ai suoi lunghi chicchi che dopo la cottura rimangono sodi e separati.

Questo riso si può presentare sia nella versione raffinata (come bianco) sia in quella integrale. A prescindere dal differente grado di lavorazione a cui viene sottoposto, le sue proprietà ne fanno un alimento ideale per un alimentazione sana e controllata. 

riso-basmati-bianco

Il riso Basmati è indicatissimo per i soggetti affetti da diabete. Differentemente dalla generalità dei risi, l’indice glicemico del riso Basmati è molto basso. Quello del basmati bianco misura 53, quello dell’integrale 45. Ciò è dovuto alla presenza dell’amilopectina, una sostanza che tende a non fare innalzare repentinamente i livelli di glucosio nel sangue.

È ricco di carboidrati, povero di grassi e dimostra un forte potere saziante; un alleato ideale nelle diete ipocaloriche.

Inoltre, rinforza il sistema immunitario, riduce il rischio di malattie cardiovascolari e migliora l’ossigenazione del sangue. La sua digeribilità è invidiabile e maggiore rispetto a quella del riso comune: contiene un amido particolare che viene assimilato molto velocemente dall’organismo.

Non a caso l ’Ayurveda, la tradizionale medicina indiana, ha collocato il Basmati tra i cibi Sattvici: quei cibi che apportano energia e nutrimento al corpo senza appesantirli.

Non è Basmati tutto ciò che profuma

Esistono ben 86 varietà di riso che vengono comunemente indicate con il nome di Basmati, alcune di queste coltivate anche negli Stati Uniti. Tuttavia, le varietà considerate autentiche sono molte di meno.

Solo 18 corrispondono agli standard qualitativi ufficiali che rispecchiano e ripropongono i caratteri essenziali con cui questo riso si è imposto fin dalle sue origini.

Si tratta di Basmati di origine sia indiana che pakistana.

Tra le più importanti e conosciute abbiamo, oltre alla già citata Dehradun, la Punjab (dall'omonima regione indiana), la Safidon (dall'omonima città indiana), la Kasturi, la Haryana, la Pusa e la pakistana Puk.

Come abbiamo già detto, non esiste un unico criterio distintivo con cui qualificare una varietà come Basmati. La valutazione è complessa e delicata. Non si tratta di appiccicare una mera etichetta, ma di difendere il buon nome e l’autenticità della varietà più pregiata al mondo, soprannominata anche “regina di fragranza”.

Il giudizio sull’autenticità del Basmati, oltre che considerare i caratteri essenziali, comprende anche altri elementi. Innanzitutto la zona di origine. Le varietà, per ottenere la pregiata denominazione, devono essere cresciute nell’aria geografica a confine tra India e Pakistan perché la loro intensa fragranza è indissolubilmente legata a questi territori.

Molti produttori, infatti, hanno tentato di imitare il Basmati in altri paesi, ma senza successo. La ragione di questo fallimento è dovuta ad un fattore essenzialmente geografico: la qualità e la peculiarità di questo riso è dovuta al terreno e al clima che caratterizza la regione asiatica in cui è nato e si è sviluppato. In virtù di ciò, il riso Basmati biologico rappresenta la forma più autentica e pura di questa varietà. Perché soltanto l’agricoltura biologica è in grado di preservare la biodiversità e la fertilità di un territorio che, per la sua unicità, ha saputo infondere al riso Basmati un aroma inconfondibile.

Soddisfatta questa condizione, la parola spetta ad analisi più specifiche che si focalizzano sui seguenti elementi:

  • Lunghezza del chicco.

  • Ampiezza del chicco.

  • Rapporto tra lunghezza ed ampiezza.

  • Valore di diffusione degli alcali.

  • Contenuto di amilosio: la molecola di cui è composto l’amido, un polisaccaride presente nelle patate e nei semi di frumento. La presenza dell’amilosio e positivamente associata alla capacità di allungamento del Basmati.  

È stato possibile tracciare, attraverso questi parametri, il profilo genetico indispensabile affinché una varietà di riso possa essere considerata autenticamente Basmati. Per i produttori indiani ciò risulta molto importante. Infatti, molto spesso, ci sono fornitori che vendono, sotto l’attraente ed esotica denominazione Basmati, risi indiani molto meno pregiati e che non rispecchiano le caratteristiche della celebre varietà.

In Europa la protezione e la commercializzazione di questo prodotto è regolata da norme molto stringenti: da marzo 2010 una norma comunitaria stabilisce che, per definirsi Basmati, un prodotto non deve superare una soglia di contaminazione pari al 5%. Ciò significa una cosa molto semplice: la presenza di risi estranei, non conformi allo standard, pregiudica e vanifica l’autenticità dell’intero prodotto. La soglia di tolleranza è bassissima e non perdona.

Il riso Basmati in cucina 

Il riso Basmati è un elemento indispensabile per molte ricette esotiche. Nell’immaginario comune, la forma classica con cui viene portato in tavola prevede l’abbinamento con il pollo al curry. Ma, in generale, questo riso dal chicco lungo ed il sapore intenso è compagno fedele di molte preparazioni culinarie e non solo di origine indiana. Per questa ragione, per dimostrare la versatilità di questo alimento, vogliamo consigliarvi un piatto della tradizione cinese: riso cantonese in versione vegana.

Ingredienti per quattro persone: 360 g di riso basmati, 2 zucchine medie, 2 carote medie, ½ cipolla, 250 g di piselli già cotti, salsa di soia, frittata senza uova, 1 panetto di tofu al naturale, olio extravergine di oliva.

Procedimento

  • Portate l’acqua a bollore, cuocete il riso e condite l’acqua di cottura con un cucchiaino di soia. Scolato il riso, scottate il tofu per due minuti nella stessa acqua bollente. Tagliatelo a cubetti e tenetelo da parte.

  • Preparate la frittata senza uova, una piatto molto semplice. Mescolate la farina di ceci con l’amido di mais setacciati e lasciate riposare la pastella per mezz’ora. In seguito fate soffriggere lo scalogno in una padella con poco olio e quando questo inizia a dorare versate la pastella. Avrete così la vostra frittata, pronta per essere tagliata a cubetti.

  • In una padella fate stufare la cipolla tritata e mettete a cuocere zucchine e carote (tagliate a pezzetti) per 10 minuti.

  • Siamo alle battute finali. Aggiungete il tofu, i piselli già cotti, le frittatine e il riso alla verdura.

  • Fate saltare il tutto per qualche minuto, mescolando in continuazione.

  • Al termine aggiungete salsa di soia a piacere.

Pochi passaggi e porterete in tavola una rivisitazione davvero gustosa di uno dei più popolari piatti cinesi.